Prima di lasciare l’appartamento numero 8 del condominio di Bulduri, ho scritto un messaggio al proprietario, in cui dicevo che abbiamo amato moltissimo quella casa e lo ringraziavo per gli aiuti tempestivi che in più occasioni ci aveva dato, essendo la casa assai vecchia e piena di problemi.
In epoca sovietica, gli uomini di area russa erano abituati ad accontentarsi di ciò che avevano e, dal momento che alcuni elettrodomestici e pezzi di ricambio non risultavano disponibili, riparavano i vecchi o imparavano ad arrangiarsi diversamente.
Il proprietario del nostro appartamento aggiusta tutto, sale sui tavoli, fissa i tubi della doccia, toglie e rimette piastrelle.
È un uomo anziano, che balbetta parole in inglese e non beve caffè, ma fa la sauna in giardino, arrostisce bistecche e ripara ogni cosa.
Ho tenuto il suo contatto casomai un giorno non sappia proprio a chi donare quella casa.
Le case nel quartiere di Bulduri e un po’ in tutta la città di Jūrmala sono particolarissime. Jūrmala è anche famosa per questo, oltre che per essere una stazione balneare dell’ex Unione Sovietica, ancora oggi visitata da numerosi turisti.
A pochi chilometri dalla capitale della Lettonia, si affaccia direttamente sul mar Baltico. Io dovevo camminare circa quindici minuti per raggiungerlo.
Il Baltico è un mare diverso. La prima volta che mi sono immersa ho urlato, ma tanto nessuno mi ha sentita, ero lontana.
Se non vuoi toccare la sabbia gelida con i piedi, devi andare lontano. Se vuoi resistere al freddo, non stare in superficie, ma continua a nuotare.
La mia risata isterica, il respiro pesante.
Fare il bagno nel Baltico è solo una sfida.
L’acqua pulita e senza sale, spesso priva di correnti, ti paralizza. Perché farsi il bagno se non è piacevole (e non lo è davvero, neanche d’estate)?
Voglio darvi la mia personale risposta, che nasce dall’osservazione e dall’incontro con persone di area russa. A Jūrmala, fra l’altro, abitano moltissimi russi, provenienti da San Pietroburgo e altre città. I russi devono essere forti. Devono dimostrarlo a se stessi e agli altri, fanno un sacco di cose così. Io ho visto degli uomini russi entrare in acqua a novembre, quando il Baltico non era ancora ghiacciato come lo sarebbe stato poi, ma di fatto era come se lo fosse. Li ho visti entrare con i pugni serrati e la faccia inespressiva. Fare flessioni a torso nudo sulla neve. Ho visto delle mamme molto giovani cariche di borse, con tre figli piccoli. Viaggiavano sui treni, nessuno le aiutava. Nessuno aiuta i russi, in generale.
Ecco come hanno la pelle chiara e durissima. La faccia seria. Si dice che persino i bambini non piangano mai. Ho visto i bambini giocare nel Baltico, come sulle spiagge pugliesi, quando all’ombra ci sono trenta gradi. Mi sono sentita stupida. Ma anche un po’ russa, perché in quel momento della mia vita nessuno mi stava aiutando e io volevo imparare ad essere forte.
Avere la testa sotto il mare del Baltico vuol dire ‘fanculo, ci devo riuscire, non sono come voi, non voglio piangere, dovete guardarmi, mi devo guardare.
Si dice che uscire dalle sue acque abbia effetti benefici. Non saprei.
Io sono rimasta come una larva nell’asciugamano, i vestiti, le giacche addosso, fino a quando ho ripreso la sensibilità degli arti, accarezzando il mio corpo d’oca. Peró non mi sono ammalata mai.
La casa in Lettonia era uno spazio vuoto. Le stanze erano vuote, negli armadi c’erano solo grucce, i cassetti non avevano sogni. Gli attrezzi della cucina erano vecchi, come i ragni e la polvere. Eppure la casa numero 8 nel quartiere di Bulduri si è riempita come nessun’altra. Ci sono entrati rispettivamente storie, insetti di ogni sorta, nazioni del mondo, il gatto, cibo italiano, cibo turco, cibo lettone e russo, foglie, terreno, sabbia, moltissima neve.
Ci sono entrati mamma e papà, Roberta, Edoardo, persone di un giorno, persone che sono rimaste, che non volevano più andare via (anche letteralmente). Ci sono entrati un sacco di viaggi, di scarpe, di nuovi maglioni. Le buste di Rimi, di Maxima, del mercato di Riga e dei negozi di seconda mano.
Io e mio fratello stanchi, io e mio fratello allegri, io senza mio fratello, mio fratello senza di me. La casa si era riempita così tanto, che ora che sono tornata nella mia, quella italiana dove sono cresciuta, non la smetto di buttare roba e fare spazio.
Lo spazio vuoto è un luogo di possibilità, di creazione.
È un posto strano in cui succedono cose e allora diventa accogliente.
Da quando ho cominciato a fare spazio, anche nella casa dove sono cresciuta sono entrate improvvisamente delle novità, non ha importanza di che genere, inaspettate.
Veramente tutta la Lettonia è stata per me uno spazio vuoto.