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| 15 Agosto 2019 | Pubblicato in Mini Siti A workshop in a Sustainable society

“OGNI CENTO METRI IL MONDO CAMBIA”

 

Fra le mille scritte, sui muri e le porte, del centro giovanile di Rūjiena, questa era in italiano e in stampatello.  Stava fra le virgolette, ma non c’era nessun nome. Non so chi l’abbia riportata, con il pennarello sulla parete e in generale. Penso proprio che non sia stato il primo a dirla, perché l’uomo viaggia sulla Terra da quando è comparso.

Ciò che infatti mi aveva colpito di quella frase è stata la precisione con cui stava scritta. L’esattezza delle virgolette, lo stampatello, l’italiano in mezzo ad altre lingue.

Se ogni cento metri il mondo cambia, chi viaggia cambia cento volte, e cento volte di più. Anche questa non è nuova, ma fissiamoci sul numero cento.

È un numero grande. Un secolo, una conquista, un compleanno unico.

La Lettonia è stata il punto di partenza per altri viaggi, non programmati, non esattamente. Il viaggio per me non è proprio una vacanza, né uno svago. Non esattamente. A volte quando torno da un viaggio, non voglio vedere nessuno per giorni, non faccio niente. Sto ferma nel senso più vero del termine, anche se dura poco.

In realtà non lo so quanto duri, perché il passo successivo viene fatto quasi all’improvviso, come deve capitare. È capitato, per esempio, che io abbia detto: “Un giorno, verró a trovarti in Russia” ad una ragazza incontrata in Olanda con cui ho scambiato poche parole, una sera che chi si ricorda.

Ovviamente non aveva nessun peso quello che ho detto. Ci speravo.

Non si dà mai peso alle speranze.

“Un giorno (sì, insomma, chissà quando… quando potrò permettermelo, sarò libera, quando girerà bene… fra molti anni, in un’altra vita magari… diciamo poi…) verrò a trovarti in Russia”.

Ecco, meno di un anno dopo, quella stessa ragazza viene a prendermi dalla stazione di Mosca, correndo, e mi dice: “Avevi detto che saresti venuta, ma non ci ho creduto!”

Sono sembrata proprio quella che sa bene ciò che dice, ma la verità è che non ci avevo creduto nemmeno io.

E non credevo di essere lì nemmeno quella mattina.

A volte capito nei posti. Il viaggio è un malinteso. Di certo non me ne rammarico, dico solo che è strano. Non segue mai un piano, e io ho bisogno di seguire un piano.

In Lettonia specialmente, ho imparato che non posso dipendere dai miei piani. Devo cambiarli cento volte.

La Lettonia mi manca perché un viaggio da lì costa meno di cento euro. È alla mia portata, e alla portata di molti.

Ci sono delle compagnie low-cost, efficientissime, che propongono biglietti stracciati nel corso dell’anno, soprattutto in inverno. Se poi non ce la fai, qualcuno ti dà una mano, sempre. È cento volte più facile. Tutto pare più veloce e sicuro, ma forse è solo possibile.

Per intenderci, mi sono spostata in Germania, Svezia, Estonia, Lituania, Russia e Bielorussia in pochi mesi, ma non ho ancora visto Firenze.

L’Italia è meno possibile per me, e per molti.

Comunque, davanti al fiume Neva ghiacciato, di marzo 2019, quando Polina mi suggerì di vedere San Pietroburgo durante l’estate, io dissi pure: “Tornerò a giugno per le notti bianche”.

Ovviamente un giugno indefinito, senza speranza.

Ecco, durante le notti bianche 2019, io ero di nuovo sul lungoneva con Polina, che mi scattava foto vicino ai ponti aperti, sotto la luce irreale di San Pietroburgo. Fate molta attenzione alle cose che dite senza darvi peso. Fra le mille scritte, sui muri e le porte, della mia stanza a Jūrmala, ce n’era una in inglese e in stampatello.

L’avevo messa io, inchiostro nero su cartoncino rosso, perché la dicevo sempre:

“EVERYTHING IS POSSIBLE IN LATVIA”

Un po’ un’iperbole. Ma funzionava.

È chiaro che ogni viaggio ha la sua storia. Meriterebbe un capitolo a parte, non smetteremmo più. Ogni viaggio ha, inoltre, il suo disagio e non credo possa avvenire diversamente.

Basti questo fatto russo.

Avevo un visto che scadeva dopo dieci giorni. Da impazzire. Volevo incastrare mille cose, ho dormito pochissimo. Da San Pietroburgo a Mosca servono circa 9 ore, dovevo per forza viaggiare di notte. Mi avevano detto di provare lo storico treno russo, che è un’esperienza, ma io avevo prenotato un bus, perché non m’interessava e costava meno. Poche ore prima della partenza, arriva un messaggio in cirillico dalla compagnia di autolinee che avevo pagato, con nome e cognome, orario, numero di codice.

Dico a Yaroslava: “Wow, qui ti ricordano fino all’ultimo che stai per partire!”

Lei legge il messaggio e traduce: “Il tuo bus non parte, c’è troppa neve sulla strada”.

Ho già specificato che volevo incastrare mille cose e che il mio visto aveva breve scadenza. Dovevo arrivare a Mosca. Yaroslava mi spiega che in Russia succede spesso per il maltempo, ti rimborsano subito. L’unica alternativa possibile è fare l’esperienza su quello storico treno, che prenotiamo di gran fretta due ore prima del fischio. Non occorre che vi dica quanto mi trovassi lontano dalla stazione che dovevo raggiungere, quanto vento ci fosse.

Pensereste ad un romanzo dickensiano e vi giuro che era l’11 marzo 2019. Dico a Yaroslava: “Forse lo perdo”.

Solitamente non chiedo aiuto a nessuno, ma quella volta avrei davvero voluto che lei mi accompagnasse.

Yaroslava dice: “Vai, non è difficile”.

Con i russi non attacca. Devi cavartela da solo, se no sei stupido.

Siccome non voglio fare la figura della stupida, specialmente di fronte ad un’altra donna, pur ansiosa e titubante, esco da casa sua e le dico: “Certo che non è difficile. Ce la faccio!”

Ricordo di aver camminato, cambiato metro, corso in mezzo alla gente, ai binari, senza convinzione, quasi senza importanza. Se la fiducia fosse un numero, per me sarebbe negativo. Ricordo di essere salita su quel treno intorno a mezzanotte, nella confusione accelerata, allucinata di scene diverse.

Mi sono bloccata all’ingresso.

Ho visto i letti, il corridoio lunghissimo, lo spazzolino in bocca ad una donna a piedi nudi, le lenzuola bianche e le divise scure della sicurezza. Siccome non voglio fare la figura della stupida, accetto il mio disagio e la mia paura. Non scendo dal treno, non chiamo Yaroslava. Vado avanti.

Mi permetto di consigliarvi di andare avanti, anche se sono la prima a non fidarsi, anche se sarete spinti da una motivazione poco nobile come “non voglio fare la figura della stupida” o “fa freddo fuori, meglio dentro”.

Andate avanti sempre.

Non c’è bisogno di essere sicuri, è molto probabile che non lo siate. Ne vale veramente la pena. Non c’è mai da pentirsi. Forse ancora non si vede, ma questo fatto è positivo. Lo finirò per bene nel prossimo capitolo, dedicato con affetto a Madre Russia.

Da San Pietroburgo a Mosca passano più di settecentomila metri. Pensate solo quanto cambia il mondo…

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